ALLE RADICI DELLA MULTICULURALITA'

 

L'incontro delle culture nel mondo antico 

Fin dall'antichità, però, le culture non si sono limitate a confrontarsi. Invasioni, guerre, movimenti di colonizzazione hanno, nel corso dei secoli, popoli e civiltà, e quello che o appare come una "cultura" il risultato di elementi diversi e i percorsi complessi, che si perdono in epoche remote. Il fatto che già la religione degli antichi Greci si presentasse  come una sintesi di culti e di miti dalle origini varie ne è un dimostrazione: agli dei dell'Olimpo e alle cerimonie in loro onore si affiancavano i rituali dedicati alle cosiddette divinità terrestri (si pensi, ad esempio, ai misteri legati a Demetra, dea delle messi, e a sua figlia Persefone, dea dei mondi sotterranei abitati dai morti), probabilmente risalenti a un antichissimo mito indoeuropeo, di cui esistono attestazioni archeologiche anche al di fuori della Grecia.

Nel mondo antico l'incontro e la fusione tra civiltà diverse furono favoriti dalle grandi formazioni territoriali dell'epoca:

1. l'impero persiano, costituitosi nel VI secolo a.C., unificò sotto una medesima organizzazione politica e sociale popolazioni geograficamente e culturalmente distanti, dalla Tracia alla valle dell'Indo;

2. su quegli stessi territori, due secoli più tardi, nacque l'ambizioso progetto di Alessandro Magno (356-323 a.C.), che deliberatamente perseguì una politica di sintesi e di scambio tra le varie culture, ad esempio incoraggiando i matrimoni misti o adottando usanze praticate dalle popolazioni sottomesse;    

3. anche le conquiste di Roma crearono le condizioni per l'incontro e il confronto di genti diverse. Da questo punto di vista, l'atteggiamento dei Romani fu ambivalente. I popoli vinti furono assoggettati politicamente e sfruttati economicamente, ma spesso operarono una sorta di "colonizzazione culturale" nei confronti dei loro conquistatori. Emblematico in tal senso fu proprio il caso della Grecia, la cui annessione ai territori dello Stato romano, avvenuta nel 146 a.C., introdusse nella cultura latina importanti mutamenti a livello di consuetudini, modelli di vita, valori.

Alle radici della nostra storia, tuttavia, la più significativa esperienza di incontro e di sintesi tra universi culturali diversi è quella realizzatasi tra il patrimonio di conoscenze, simboli e valori incarnato dal cristianesimo e l'eredità filosofica del mondo classico, greco in particolare. Le esigenze dell'evangelizzazione e lo sforzo di riflessione sulla propria fede, maturato spontaneamente in seno alle comunità dei credenti, portarono il cristianesimo a confrontarsi con un corpus di nozioni, problemi, domande e risposte che il sapere degli antichi aveva lasciato in eredità, e a utilizzarlo per darsi una sistemazione concettuale unitaria e coerente. I grandi filosofi cristiani, da Agostino di Ippona a Tommaso d'Aquino, a Guglielmo di Ockham, si servirono del pensiero dei due massimi filosofi greci, Platone e Aristotele, per esprimere in un linguaggio adeguato alla cultura del tempo le loro riflessioni sul Dio biblico e sul suo rapporto con il mondo e con l'uomo.


Gli effetti dello Stato moderno

Alle dinamiche di sovrapposizione e scambio tra culture differenti, già presenti nel mondo antico e medievale, l'età moderna aggiunse elementi decisivi, che conferirono alla questione della multiculturalità la configurazione e il significato che ancora oggi le vengono attribuiti. Il più importante di questi elementi è sicuramente la formazione dello Stato moderno. Essa ebbe inizio tra il Quattrocento e il Cinquecento (pur realizzandosi compiutamente solo nei secoli successivi) e nacque dall'incontro di due processi complementari:

- l'accentramento del potere nelle mani del sovrano, che contribuì allo smantellamento dei vecchi domini e privilegi di tipo feudale;

- la determinazione di confini territoriali precisi, in virtù dei quali vennero definite "sudditi", e successivamente "cittadini", di un certo Stato tutte le persone che risiedevano in una porzione di spazio determinata, ovvero quella in cui si esercitava la sovranità del monarca.

La realizzazione di questi processi comportò fenomeni ben precisi, alcuni dei quali tra loro complementari.

Innanzitutto, il processo di unificazione territoriale provocò il frequente accorpamento in un unico Stato di comunità diverse per lingua, origine e tradizioni. Alcune di queste comunità sopravvivono ancora oggi nelle diverse realtà nazionali a titolo di minoranze, talora felicemente integrate nella realtà geo-politica di appartenenza, altre volte in posizione di rifiuto più o meno palese: si pensi agli scozzesi nel Regno Unito per il primo caso, ai baschi in Spagna per il secondo. Complementare a questo meccanismo fu, in certi frangenti, la frammentazione in realtà politiche diverse di comunità in precedenza unite, o comunque che riconoscevano una medesima appartenenza. È emblematica a tale proposito la vicenda dei curdi, gruppo etnico medio-orientale attualmente diviso fra Turchia, Iran e Iraq.

Più complesso è invece il caso di alcuni Stati costituitisi in epoche più recenti, come quelli sorti dalle macerie delle grandi formazioni territoriali che fino alla Prima guerra mondiale dominavano la geografia europea: l'impero austro-ungarico e l'impero ottomano. Questi nuovi Stati finirono spesso per riproporre al loro interno una Pluralità di lingue, etnie e culture: si pensi alla Cecoslovacchia, formatasi nel 1918 dall'impero austro-ungarico e poi, nel 1993, a sua volta divisasi in due Stati distinti (Repubblica Ceca e Slovacchia), rappresentativi delle due principali etnie presenti nel paese; o al caso ben più drammatico della Jugoslavia, nata dopo la Prima guerra mondiale dall'unione di territori prima austriaci e turchi (Croazia, Slovenia, Serbia, Montenegro, Bosnia Erzegovina, Macedonia, Kosovo, Vojvodina) e poi, negli anni Novanta del Novecento, teatro di sanguinose guerre interne, che ridisegnarono completamente la geografia politica della zona.

Quelle che noi chiamiamo "culture", e che tendiamo a raffigurarci come universi storico-simbolici autonomi e stabili, sono in realtà il prodotto di sintesi e sovrapposizioni tra mondi diversi, il cui incontro ha generato qualcosa di nuovo, o viceversa l'esito di una frammentazione di ciò che in epoche precedenti si presentava come una civiltà compatta e indifferenziata. Nessuna cultura, cioè, si trasmette da un'epoca all'altra come un corpus immodificabile di conoscenze, comportamenti e valori, ma piuttosto si trasforma e si modella in base alle esigenze della storia.



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